Il mito di Venere e Adone: una storia d’amore sulle rive del Lago di Nemi
C’è una leggenda romantiche che racconta il mito di Venere e Adone.
Il poeta Ovidio narra che, Adone, nacque dalla corteccia di Mirra, giovane incestuosa, trasformata dagli dei in pianta per salvarsi durante la fuga da suo padre.
Cresciuto dalle Naiadi, divenne bellissimo tanto che persino Venere se ne innamorò.
Il giovane era un abile cacciatore e la dea lo accompagnava nelle battute di caccia. Un triste giorno però, cercò invano di uccidere un cinghiale. L’animale, inizialmente fatto prigioniero, riuscì a liberarsi e inseguì Adone, fino a conficcargli le zanne nell’inguine provocandogli la morte.
Le urla di dolore del ragazzo giunsero fino alla sua amata. Venere accorse dall’amante, ma lo trovò riverso a terra, ormai morente. Distrutta dal dolore, decise che il suo lutto sarebbe durato in eterno. Tramutò Adone in anemone e le lacrime da lei versate in rose profumate.
Ma, a NEMI, in provincia di ROMA, esiste una versione più pittoresca del mito di Venere e Adone rispetto alla narrazione ovidiana. Si dice infatti che, le lacrime versate da Venere per la morte dell’amato, si trasformarono in cuori rossi, dando vita alle fragoline di bosco.
Pare inoltre che queste fragole avessero il divino potere di far allontanare i serpenti nei boschi.
IMMAGINE: “Morte di Adone” C. Holsteyn, 1655
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