La leggenda della Torre Polidori di Orvieto (Umbria)
Polidoro Polidori, era un soldato. Durante una battaglia in Toscana, rimase gravemente ferito. Aveva bisogno di immediate cure e così venne trasportato in un vicino ospedale.
Tra le infermiere che si presero cura di lui, una catturò la sua attenzione e rapì il suo cuore. Era Romilda, una giovane e bellissima fanciulla che dal canto suo ricambiava le attenzioni del militare. Ben presto, quando guarì e fu dimesso, chiese alla giovane di diventare la sua moglie ed ella accettò.
I due novelli sposi, si trasferirono nelle campagne di Orvieto, in una modesta casa contornati da aie e animali da fattoria. Lui si occupava della terra, mentre lei passava il suo tempo ad allevare piccioni viaggiatori, attraverso cui mandava messaggi alla famiglia che tanto le mancava.
La vita rurale iniziava a stare stretta a Romilda, così chiese al marito di andare a vivere in città.
Seppur controvoglia, il Polidoro accettò, iniziando una nuova vita a Palazzo Polidori, nel cuore della bella Orvieto.
Qui però, la loro vita sociale cambiò e la bellezza di Romilda certo non passava inosservata. Accecato dalla gelosia, Polidoro rinchiuse la moglie nella Torre del palazzo, privandola completamente di qualsiasi contatto con le persone.
La povera donna trascorreva le sue giornate guardando fuori la piccola finestrella che spaziava sulle vallate circostanti. Ricamava. Cantava. E quel canto melodioso attirava anche gli uccelli e i piccioni che tanto le erano stati a cuore.
Di certo Polidoro, non vedeva un pericolo in questo, e lasciò che Romilda continuasse ad avere la compagnia dei simpatici pennuti.
Un giorno però, rientrando a casa, l’uomo ebbe uno strano sospetto. Salì velocemente sulla Torre e non appena aprì la porta… sua moglie era sparita! Che fosse volata via con i piccioni? Che fosse scomparsa per magia? Che fine aveva fatto Romilda? Lui non lo seppe mai.
Si racconta però che una reale spiegazione ci fosse.
In precedenza la donna fece un calco delle chiavi del Palazzo che all’insaputa di suo marito portò con sé nella torre. Lo affidò ad uno dei suoi amici uccelli viaggiatori, che lo fecero avere alla sua famiglia, la quale, venuta ad Orvieto, liberò la ragazza in assenza del marito donandole per sempre la libertà.
IMMAGINE:
“Donna alla finestra” C.D. Friedrich, 1822