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Leggende,  Storie italiane

La leggenda della Giubiana, la malvagia megera mangia bambini, ingannata da un risotto

La leggenda della Giubiana nasce sul Lago di Como.

Ma chi era la Giubiana?

Si racconta che, una castellana, per amore tradì la sua città, Cantù, durante la guerra che imperversava tra Milano e Como. Il suo gesto le costò la vita. Condannata al rogo, fu bruciata come una Strega davanti agli occhi di tutta la comunità.

La notizia circolò rapidamente nei paesi limitrofi e persino nelle regioni vicine come in Piemonte e in Trentino.

La donna, si chiamava Giubiana, nome che, nei vari dialetti locali, assume il significato di fantasma, di strega o di sgualdrina.

La vicenda venne tramandata nei secoli, ma pare che, nelle stesse zone d’Italia, la Giubiana fosse, in realtà, una malvagia megera che, l’ultimo giovedì di gennaio, usciva di notte dai boschi in cerca di un bambino da mangiare.

Si racconta che, la brutta e magrissima strega con le calze rosse, un giorno giunse presso un’abitazione attratta da un delizioso profumo. Una mamma, vedendola arrivare, per proteggere suo figlio, decise di tenderle una trappola preparando un grosso pentolone pieno di squisito risotto con zafferano e luganega al quale la strega non sapeva resistere.

Giubiana mangiò, con calma, assaporando boccone dopo boccone quella pietanza così succulenta. Ma, presa dal suo pasto, non considerò lo scorrere del tempo e rimase lì fino al sorgere del giorno. Ormai per lei era troppo tardi. I raggi del sole, si sa, uccidono le streghe! Fu così che Giubiana si polverizzò, mettendo fine al pericolo per i bambini.

Ancora oggi, l’ultimo giovedì del mese di gennaio, è tradizione in Lombardia e in Piemonte, accendere grandi falò (rogo della Giubiana) e bruciare un fantoccio di paglia, vestito di stracci, dalle sembianze di una strega mentre si mangia risotto con zafferano e luganega accompagnato da un buon vin brulè.

Questa usanza, non ricorda solo la leggenda della Giubiana, ma riconduce anche ai riti celtici che, tradizionalmente, davano alle fiamme vimini intrecciato a forma umana (attribuendolo a divinità pagane) per scacciare l’inverno e i malesseri dell’anno trascorso e propiziare il raccolto, le semine e il benessere per l’anno appena iniziato.

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