Quando il Catinaccio si tinge di rosa… La leggenda di Re Laurino (Trentino Alto Adige)
Ogni giorno, all’alba e al crepuscolo, il pallido Catinaccio, si tinge di rosa. A spiegazione dell’incantevole fenomeno, si è tramandata nei secoli, una famosa leggenda.
Si narra che un tempo, sulla sua cima, in un palazzo di cristallo, vivesse Re Laurino, sovrano degli gnomi.
La sua più grande passione erano le rose, che coltivava con estrema cura e infinito amore nel giardino che circondava la sua abitazione. Ogni giorno, mentre i suoi sudditi estraevano dal cuore della montagna pietre preziose, lui si recava in quel paradiso di fiori rossi e luccicanti per assicurarsi che nessuno li toccasse. A protezione, fece mettere un filo di seta attorno a tutto il perimetro minacciando di mutilare chiunque avesse allungato la mano al di là di esso.
Il re però, si sentiva molto solo senza una regina che governasse con lui, ma non era interessato a nessuna piccola dama che gironzolava nel reame.
Un giorno, arrivò un nano, comunicandogli che da lì a poco, in valle, ci sarebbe stato un torneo e che tutti i nobili sarebbero stati convocati per partecipare. Il vincitore avrebbe ottenuto la mano di Similde, la splendida figlia del Re dell’Adige.
Ma quest’ultimo, non aveva nessuna intenzione di coinvolgere Laurino nel torneo, sapendo che egli possedeva una cintura magica in grado di dargli la forza di dodici uomini, oltre a un mantello che lo rendeva invisibile. Dava per scontata la sua vittoria e non voleva assolutamente dargli sua figlia in sposa.
Laurino attese invano l’invito.
Così, irritato per la mancata proposta, decise di recarsi al torneo, avvolto dal suo magico mantello e rapire la principessa.
Tra la folla distratta dalle gesta dei cavalieri, coprì la fanciulla rendendola invisibile e impedendole di urlare. Furtivo, corse verso la sua dimora e, quando tutti si accorsero dell’assenza della figlia del re, ormai era già lontano.
Il Re dell’Adige, capì subito che dietro c’era lo zampino dell’indignato Laurino.
Il Cavaliere Hartwig, che nel frattempo aveva vinto il torneo, accompagnato da alcuni suoi avversari, promise al re di riportare a casa Similde.
Si mise sulle tracce dello gnomo, seguendo lo scintillio delle splendenti rose.
Arrivati in cima al Rosengarten (giardino delle rose), trovarono Laurino che intimò loro di andarsene, ma senza successo.
Iniziò così una dura battaglia nella quale Laurino deteneva un netto vantaggio grazie all’invisibilità data dal velo. Non aveva però fatto i conti con l’astuzia di Hartwig che seguì i fruscii delle rose che si muovevano al passaggio del re tra di loro. Il cavaliere gli tolse il mantello, Laurino era spacciato. Fu allora che Similde, supplicò di graziarlo. Era stato gentile e premuroso con lei e non meritava di morire.
Hartwig e i suoi uomini non lo uccisero, ma lo imprigionarono per condurlo dal Re dell’Adige.
Prima di seguirli, Laurino, ormai sconfitto si voltò ancora una volta verso il Giardino di Rose che tanto aveva amato. Lo riteneva responsabile della sua cattura e così, con sdegno lo disprezzò.
Lo maledisse, trasformandolo in pietra. Dichiarò che da allora, né di giorno né di notte, nessuno avrebbe più potuto ammirare la sua bellezza.
Laurino però dimenticò l’alba e il tramonto. Fu così che da quel giorno, ad ogni nascere e calar del sole, il Catinaccio, là dove un tempo fiorivano le rose, si tinge quasi come fosse un giardino, di caldi, incantevoli, rosei colori.